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Tutti i test psicodiagnostici scientificamente fondati e validati sono strumenti preziosi, ma – se presi singolarmente- non sufficienti per indagare compiutamente la personalità.

Per questo l’IRPSI sostiene l’importanza della valutazione integrata multimetodo e trasmette una modalità di lavoro che considera l’integrazione tra materiali diversi un punto di forza della valutazione.

Il soggetto reagisce a stimoli testali diversi attivando differenti stati della mente, che possono essere integrati tra loro o dissociati, o integrati in gradi diversi: è pertanto necessario proporre condizioni testali diverse tra loro, stimoli differenti (immagini con diversi gradi di strutturazione, questionari, prove di performance) e concorrenti allo scopo di elicitare comportamenti diversi nei diversi contesti.

Pertanto sosteniamo un modello di lavoro, sia clinico sia forense, che prevede una gamma ampia di strumenti testali rigorosi e scientifici, che si integrano tra loro attraverso le diverse sfaccettature, e le varie stimolazioni che propongono alla persona.

La nostra esperienza quotidiana di lavoro in strutture pubbliche e in contesti privati con pazienti clinici, adulti e minori e con soggetti forensi, ci ha insegnato che da un lato i reattivi psicodiagnostici non danno solo le informazioni specifiche pertinenti a quel tipo di stimolo proposto, e che, d’altra parte, nessun test, per quanto straordinariamente ricco ed elaborato come è, per esempio, il test di Rorschach Comprehensive System, può ritenersi, da solo, esaustivo.

Sappiamo infatti che un uso attento e articolato di test cognitivi di ampio respiro come la WAIS-IV darà molte più informazioni del semplice livello intellettivo, e che, d’altra parte, il Test di Rorschach o l’MMPI-2 daranno informazioni molto dettagliate, che vanno oltre la struttura di personalità; tuttavia, nessuno di questi, usato singolarmente, potrà fornire in modo completo dati dotati dell’attendibilità richiesta in ambito psichiatrico-forense.

L’integrazione di più strumenti consente di approfondire la valutazione, evidenziare eventuali forzature o simulazioni, comprendere particolari stati transitori.

La lettura quali-quantitativa consentirà di descrivere, ad esempio utilizzando la WAIS-IV, il livello intellettivo di un soggetto ed un profilo complessivo, molto dettagliato, articolato e completo, delle sue competenze cognitive.

Queste competenze si realizzano tuttavia in una maniera che non è avulsa da una particolare struttura di personalità, con una certa modalità di adattamento e di relazione interpersonale, in una specifica organizzazione del pensiero, con un determinata capacità di adeguatezza alla realtà; d’altra parte, dai test di personalità si ricaveranno informazioni che, oltre alla struttura di personalità, riguarderanno anche i processi cognitivi, la loro adeguatezza e ricchezza di risorse.

Si potrebbe quindi obiettare che, essendo molte di queste informazioni pertinenti agli stessi ambiti, alcune di queste potrebbero apparire come semplici ripetizioni.

Invece nessuno di questi test non può sostituire l’altro.

Diversi test non sono affatto ridondanti, ma complementari, per diversi motivi.

• Innanzitutto informazioni analoghe sulle stesse aree, ma provenienti da orizzonti metodologici e concettuali differenti, sono comunque caratterizzate e contestualizzate diversamente per la diversa cornice testale in cui sono proposti e si specificano e si completano l’una con l’altra.

• Secondariamente, le caratteristiche di maggiore o minore strutturazione del materiale dei diversi test sollecitano un soggetto a livelli diversi l’uno dall’altro.

• In terzo luogo, il fatto di far ‘risuonare insieme’ strumenti diversi, fa emergere fattori impliciti inaspettati e permette di ottenere nuovi dati con valori interpretativi ulteriori, che sono stati studiati da diversi autori (R.J Ganellen 1996, 2013, G. Meyer 2000, S. Finn 2007).

• Infine, nelle eventuali discordanze e dissonanze, emergono le eventuali resistenze o le forzature che, coscientemente o meno, un soggetto può opporre alla richiesta di una sincera espressione dei propri processi spontanei e dei risultati dell’autoosservazione.

Diversi contesti metodologici e concettuali

Per quanto riguarda un primo aspetto, relativo ai diversi contesti, possiamo considerarne un esempio nel livello intellettivo, che sarà definito in termini numerici dalla WAIS-IV e in termini strutturali dal test di Rorschach Comprehensive System: nella WAIS-IV i punteggi compositi evidenziano l’effettiva prestazione del soggetto in una serie ampia di campi differenti, articolati in punteggi definito e confrontabili con il livello medio sia dell’universalità dei soggetti, sia dei pari di età, sia dei pari per età e scolarità, sia ancora con quello delle prestazioni del soggetto stesso. Da questi confronti emergerà un profilo specifico che caratterizza le prestazioni e le competenze cognitive di quello specifico soggetto, nelle diverse aree,  descritte dalle diverse teorie (CHC e i suoi aggiornamenti) ed il modo con cui queste capacità si traducono in una maggiore o minore capacità di adattamento effettivo nella vita quotidiana del soggetto.

Anche dal test di Rorschach si può ricavare una valutazione intellettiva del soggetto, che tuttavia non è quantificata né confrontabile in modo univoco, ma è comunque sensibile a diversi aspetti del modo in cui il soggetto applica le sue capacità cognitive alla sua esperienza del mondo: alla maggiore o minore accuratezza delle capacità di analisi e di sintesi, all’attenzione dedicata alle informazioni principali e a quelle meno evidenti del campo-stimolo, all’attitudine ad istituire relazioni o a valutare isolatamente i dati dell’esperienza. Il test di Rorschach, inoltre, fornisce utili indicazioni per evidenziare un eventuale deficit di carattere organico, o per ipotizzare inibizioni o deterioramenti delle potenzialità di base, dovuti a cause psicopatologiche di natura emotiva.

Diverso grado di strutturazione dei reattivi

Per esemplificare il secondo aspetto, relativo al diverso grado di strutturazione dei reattivi testali, ricordiamo queste caratteristiche:

la WAIS-IV è composta da items molto strutturati, secondo la formula di domande e risposte; la sua esecuzione richiede anche lo svolgimento di compiti pratici secondo determinate istruzioni, e per il suo svolgimento il soggetto è impegnato nelle proprie componenti psichiche più strutturate e coscienti, e prevalentemente ad un livello più consapevole e controllato dalla volontà;

il test di Rorschach, invece, è costituito da un materiale-stimolo molto poco strutturato, con componenti cromatiche particolari e comporta una sollecitazione molto più intensa a livello emotivo, quindi meno consapevole e meno controllabile dalla volontà;

il test MMPI-2 si presenta come un questionario Vero-Falso, con molte somiglianze con quelli che usualmente una persona deve affrontare nella vita scolastica e lavorativa.

Se tutti questi coinvolgono l’interezza della persona, e si rivolgono all’Io quale mediatore tra il Sé e il mondo, il reattivo di livello così come il questionario privilegiano le parti più evolute, consapevoli e strutturate, mentre il test di Rorschach fa emergere quelle meno consapevoli, da intendersi sia nell’accezione psicodinamica dell’Inconscio con le sue tematiche profonde e rimosse, sia come modalità cognitive spontanee di approccio ed analisi dell’esperienza e di problem solving di fronte alla complessità: è infatti utile valutare le differenze di funzionamento del soggetto, quanto più ci si allontana dal piano della consapevolezza, della prevedibilità e della volontà cosciente.

Confronto dei risultati tra i diversi reattivi psicodiagnostici

Per esemplificare il terzo aspetto, relativo alla valutazione delle differenze di risultato tra diversi test, è utile esemplificarlo attraverso una particolare ipotesi diagnostica, quale ad esempio la depressione. Un disturbo dell’umore al test di Rorschach emergerà attraverso una costellazione definita di una certa configurazione ed abbinamento di 14 diversi indici o rapporti; essi esprimono un determinato stato emotivo interno, derivato dal modo con cui viene percepito ed interpretato il campo-stimolo, orientando l’approccio del soggetto alla sensibilità a certe componenti percettive, a scapito di altre.

Di queste informazioni sarà utile valutare la concordanza con i dati del MMPI-2 (o della forma MMPI-2-RF)

Al self report lo stato depressivo risulterà invece dall’autodescrizione del soggetto che si osserva e riferisce di sé alcune informazioni relative ad aspetti di sé, che coglie e che desidera comunicare: la valutazione viene articolata a partire dalle interrelazioni di numerosissimi items, che vengono incrociati e connessi per la formazione di svariati indici: per esempio, per l’MMPI-2, la scala clinica (2) (D-Depressione), la scala di contenuto DEP, l’indice A di Welsh, ed ancora, molti altri indici, item critici e sottoscale.

Tutti questi indici sono derivati dall’autodescrizione del soggetto, ma in modo mediato, e si fondano solo in parte sulla sua capacità di insight: pertanto è possibile evidenziare, attraverso specifici indici e confronti, quanto i soggetto sia consapevole delle proprie emozioni profonde e quanto sia in rado di descriverle.

Atteggiamento falsificante

Per il quarto aspetto, proprio il confronto e l’eventuale discordanza tra i diversi rettivi, quando non spiegabile altrimenti attraverso motivazioni cliniche, emergeranno eventuali tentativi di forzatura o di falsificazione.

Analogamente la SCID-5-PD e la versione alternativa SCID-5-AMPD, per la diagnosi dei disturbi di personalità secondo il DSM-5, esprimono il livello di autoconoscenza del soggetto. Esse si basano largamente sull’autodescrizione, pertanto non presentano criteri interni di attendibilità, ma i dati da esse ricavati vanno integrati con quelli forniti dall’osservazione clinica, dall’anamnesi e dagli altri test. Inoltre, essendo strutturate con domande aperte, consentono la valutazione dello stile della risposta e della sua coerenza.

Anche dalla WAIS-IV , apparentemente così lontana da una valutazione dello stato emotivo, uno specifico  stato emotivo emergerà attraverso un profilo quantitativo caratteristico, una modalità di approccio alle prove contrassegnata da determinati aspetti comportamentali tipici, e spesso anche dall’emergere di verbalizzazioni peculiari.

Cosicché differenti test si illuminano e si arricchiscono a vicenda, e la diversa procedura di costruzione delle ipotesi diagnostiche per ciascuno di essi garantisce la non unilateralità dell’intero percorso conoscitivo.

Non è tuttavia escluso che lo psicodiagnosta possa ricorrere all’uso di altri strumenti, concordandone la scelta con lo psichiatra forense o il medico-legale, allorché dovessero emergere particolari necessità tecnico-diagnostiche per una specifica fattispecie.

Quello che però è fondamentale è che lo psicodiagnosta non si sia formato professionalmente solo frequentando corsi di formazione teorici, ma abbia acquisito un’adeguata esperienza clinica, cosa che è possibile solo se svolge la propria attività all’interno di istituti clinici, sia universitari che ospedalieri, nei quali sussistano servizi psichiatrici di diagnosi e cura (SPDC).

In assenza di tale componente di formazione professionale uno psicodiagnosta potrà eseguire esami psicodiagnostici scolasticamente accurati, magari utili in alcuni contesti, ma poco adeguati in ambito clinico e per niente in quello Psichiatrico Forense, dove l’esperienza clinica è necessaria ed insostituibile ed è tassativo rispettare un assoluto rigore metodologico.

Modello collaborativo della psicodiagnosi

Il modello collaborativo della psicodiagnosi nasce a partire dall’intuizione della intersoggettività radicale dello scambio umano e dalle critiche avanzate già dagli anni ‘50 e ‘60 dal movimento umanistico e poi psicodinamico e sistemico, alla psicodiagnosi tradizionale di tipo psicometrico, perché considerata riduzionistica, deumanizzante e giudicante.

A partire dalla psicodiagnosi collaborativa poco strutturata e prevalentemente implicita dei primi autori, in particolare della geniale ‘pioniera’ Costantine Fisher e di Leonard Handler, Stephen Finn con i suoi colleghi del Center for Therapeutic Assessment di Austin, Texas, ha elaborato dagli anni ’80 una procedura esplicita ed articolata che ha definito Terapeutic Assessment®  (2007) e che prevede specifici passaggi strutturati e codificati che aiutano il clinico ad applicare questo modello di lavoro in modo efficace secondo un percorso ben definito. Successivamente, è stato elaborato il modello più flessibile del BETAssessment (Building Empathy Through Assessment), di R. Erard e Barton Evan (2017). Sia che si adotti il modello molto strutturato di Finn, sia che mantenga una flessibilità delle procedure generali di assessment, due sono i punti fermi di questa cornice concettuale: rigore nella somministrazione e nella quotazione dei protocolli, e enfasi sulla creazione di un contesto relazionale empatico e supportivo nei confronti del paziente/cliente.

Il primo obiettivo della psicodiagnosi collaborativa è che il soggetto, quando conclude il percorso della valutazione, senta di aver vissuto un’esperienza nuova, in particolare

  • di aver sperimentato un contenimento empatico
  • di aver ottenuto nuove informazioni su se stesso che possono cambiare, almeno in parte, il suo modo di considerare se stesso,
  • di avere la possibilità di affrontare molte situazioni della sua vita in modo diverso da prima,
  • di aver creato uno spazio mentale  in cui contenuti ed eventi sono pensabili e sostenibili
  • di aver acquisito uno sguardo gentile verso di sé, capace di osservare se stesso in modo non giudicante, tollerante ma anche disponibile al cambiamento, superando tanto il sentimento della vergogna quanto le aree ‘cieche’ dovute alla rigidità dei meccanismi di difesa.